No al licenziamento del lavoratore che rifiuta di passare dal full-time al part-time
Come è noto, nell'alveo del licenziamento per giustificato motivo oggettivo si inseriscono i licenziamenti per impossibilità sopravvenuta della prestazione imputabile a fatto incolpevole del lavoratore nonché i licenziamenti per motivi economici.
Licenziamenti causati da esigenze di riorganizzazione e/o ristrutturazioni aziendale.
Ai fini della loro piena legittimità risulta necessario il ricorrere di tre requisiti:
1) la modifica organizzativa di tipo quantitativo o qualitativo effettiva e non pretestuosa;
2) il nesso causale tra la modifica organizzativa e il provvedimento espulsivo;
3) l'osservanza dei precetti di buona fede e correttezza.
Quale sunto, sono riconducibili nell'alveo del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, le ipotesi di recesso determinate da " ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa".
Ciò detto, è possibile porsi un quesito ovvero, se anche il rifiuto del lavoratore di ridurre il proprio impegno orario possa elevarsi a giustificato motivo di licenziamento.
Secondo un indirizzo costante della Suprema Corte di Cassazione (da ultimo n. 21875/2015 ) l'indisponibilità manifestata dal lavoratore di accettare la trasformazione del suo rapporto di lavoro a tempo pieno in parziale non può costituire giustificato motivo di licenziamento, considerato che, ai sensi del D.lgs. n. 61 del 2000, art. 5 comma 1, lett. a), a decorrere dal 25 giugno 2015 – il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo di licenziamento.
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